E’ GESU’ CHE PASSA – ASCENSIONE DEL SIGNORE

Catechesi del Parroco

Noi, come gli apostoli, restiamo ammirati ma anche un po’ tristi constatando che ci lascia…

Mi è parso sempre logico e mi ha sempre riempito di gioia il fatto che la Santissima Umanità di Gesù sia ascesa alla gloria del Padre; ma penso anche che questa tristezza, peculiare del giorno dell’Ascensione, sia una manifestazione dell’amore che nutriamo per Gesù nostro Signore. Egli, perfetto Dio, si fece uomo – perfetto uomo – carne della nostra carne e sangue del nostro sangue. E si separa da noi per tornare al Cielo. Come non sentirne la mancanza?

E’ Gesù che passa  

La festa dell’Ascensione del Signore ci suggerisce anche un’altra realtà: quel Cristo che ci incoraggia a lavorare nel mondo, ci attende nel Cielo. In altre parole: la vita sulla terra, che pure amiamo, non rappresenta il compimento, “perché non abbiamo quaggiù una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura” (Eb 13, 14), la città eterna.

E’ Gesù che passa  

Pensiamo ora ai giorni che seguirono l’Ascensione, all’attesa della Pentecoste. I discepoli, pieni di fede per il trionfo di Cristo risorto, e anelanti lo Spirito Santo promesso, vogliono sentirsi uniti: li troviamo “cum Maria matre Iesu”, con Maria, la Madre di Gesù . La preghiera dei discepoli accompagna la preghiera di Maria: è la preghiera di una famiglia unita

E’ Gesù che passa  

Gesù è salito al Cielo, dicevamo. Ma il cristiano può, nell’orazione e nell’Eucaristia, trattarlo come lo trattarono i primi dodici e infiammarsi del suo zelo apostolico per compiere con Lui un servizio di corredenzione, che è una semina di pace e di gioia. Servire, dunque, perché l’apostolato non è che questo. Se facciamo affidamento soltanto sulle nostre forze, non otterremo alcun frutto soprannaturale; ma facendoci strumenti di Dio, otterremo tutto: “Tutto posso in colui che mi dà la forza” . Dio, nella sua infinita bontà, ha stabilito di utilizzare degli strumenti inetti. E l’apostolo non ha altra scelta che lasciare agire il Signore, offrendosi, interamente disponibile, affinché Dio realizzi – servendosi delle sue creature, dell’anima prescelta – la sua opera salvifica.

E’ Gesù che passa 

 

IL DONO SETTIFORME – ULTIMA PARTE

Catechesi del Parroco

IL TIMORE DEL SIGNORE

Questo dono non è sinonimo di paura di Dio, ma la scoperta della paternità di Dio che ci attira al suo cuore affinchè riponiamo in lui piena fiducia. Come Cristo si abbandonò nelle mani del Padre e fu da lui risuscitato, così il confermato si abbandona a Dio per condividere nella speranza certa lo stesso destino di gloria di Gesù Cristo.

Il dono del timore è dunque abbandono confidente e filiale nell’infinita misericordia di Dio, è esercizio dell’umiltà e desiderio di uniformarsi in tutto alla volontà del Signore. Il timore è sorgente di sapienza: ” Principio della sapienza è il timore del Signore”. Il timore di Dio è il primo gradino della scala dell’umiltà: ”Su chi volgerò lo sguardo? Sull’umile e su chi ha lo spirito contrito e su chi teme la mia parola” (Is 66,2). San Benedetto insegna: ”il primo gradino dell’umiltà è quello in cui l’uomo con la visione continua della presenza di Dio davanti agli occhi, ispirato dal suo timore, fugge del tutto la smemoratezza e ricorda sempre i precetti di Dio”.

Se il timore di Dio è la via per l’umiltà, esso è l’antitodo alla presunzione, all’orgoglio e alla superbia. L’umiltà suscita nel cuore del credente il desiderio di appartenere a Dio e di non separarsi mai dal suo amore: ”Chi altri avrò per me in cielo? Fuori di te nulla bramo sulla terra. Vengono meno la mia carne e il mio cuore, ma la roccia del mio cuore è Dio, è Dio la mia roccia per sempre… Il mio bene è stare vicino a Dio; nel Signore ho posto il mio rifugio”. (Sal 73, 25-26.28)

Il Timore del Signore viene alimentato dalla contemplazione della croce: ”La nostra croce è il timore del Signore. Colui che è inchiodato al patibolo della croce non tiene in conto le cose presenti, non pensa a soddisfare le sue passioni, non è inquieto per il domani, non sente di possedere, nè osa levarsi in superbia. Questo significa essere crocifissi dal timore del Signore”