Simboli cristiani – ” Il Pellicano”

Simboli Cristiani

Il pellicano è infatti uno dei motivi animali preferiti nell’arte cristiana, insieme all’agnello, alla mitica fenice (che risorge dalle sue ceneri, un simbolo della resurrezione di Cristo) e all’unicorno (che secondo la leggenda può essere catturato solo da una vergine pura, ed è quindi diventato un’allegoria dell’Incarnazione). Un’antica leggenda dice che se i piccoli morivano, il pellicano si apriva il petto e li riportava in vita irrorandoli con il proprio sangue.
Per via di questa tradizione, è facile capire perché i primi cristiani abbiano adottato questo motivo come simbolo di Cristo, il Redentore che rinuncia alla propria vita per riportare i suoi in vita dalla morte del peccato, nutrendoli con il proprio Corpo e il proprio Sangue nell’Eucaristia.
E’ un’immagine dell’amore materno di Dio. Ciò è diventato ben visibile in Gesù: noi tutti viviamo del suo sangue.

Nei Bestiari medievali c’è un poema che descrive molto bene la simbologia del Pellicano:
”’ Questo uccello significa / Il figlio di Maria, / e noi siamo i suoi piccoli / in sembianza di uomini; ci siamo rialzati, / siamo risuscitati dalla morte / grazie al sangue prezioso / che Dio versò per noi, come fanno gli uccelli / che per tre giorni restano morti. / Ora udite secondo autorità Cosa significa questo, / perché l’uccellino / becca l’occhio al padre / e il padre è afflitto / quando li uccide in quel modo: / chi nega la verità / vuole trafiggere l’occhio di Dio, / e Dio di tali uomini si vendicherà. Tenetelo a mente, / questo è il significato.”’

Tanti predicatori e mistici hanno accolto la leggenda esempio Tommaso d’Aquino ”nell’Adoro TE”, uno dei cinque inni eucaristici dedicati al Corpus Domini, invoca la misericordia di Gesù in questi termini:” Pie pelicane, Jesu Domine / me immundum munda tuo sanguine / cuius una stilla salvum facere totum mundum quit ab omni scelere. (Pellicano pieno di bontà, Signore Gesù, / lava le mie colpe col tuo sangue/ di cui una stilla sola basta a rendermi tutto puro da ogni peccato). San Tommaso esalta l’azione purificatrice mediante il sangue del pellicano mistico, Gesù Cristo.

Chi lo guarda nelle nostre chiese con gli occhi della fede vi può scoprire ancora oggi il messaggio più profondo di Cristo: donare se stesso per i fratelli, perché rende visivamente quanto Giovanni ha scritto dell’amore di Gesù Cristo: “Nessuno può avere maggiore amore di chi dà la propria vita per i suoi amici” (Giov. 15, 3). La bella favola del pellicano che ha resistito nei secoli fino ai giorni nostri sta a ricordarci che bisogna camminare nell’amore come anche Cristo ci ha amato e offerto se stesso per noi “come oblazione e sacrificio a Dio” (Ef 5, 2). Se l’amore vero travolge ogni ostacolo, resiste ad ogni fatica e delusione, perché la felicità sta nel dare il nostro “sangue” per gli altri, per sorreggere, confortare, aiutare, soccorrere i “piccoli”, quelli più deboli di noi, quei nostri fratelli si sentiranno corroborati dal nostro amore.

Quaresima – Le catechesi di p. Hermann Koten

Cammino di preghiera

La settimana di esercizi spirituali con le Solenni Quarantore è terminata.
Hanno partecipato a questa settimana di preghiera P.Hermann Koten e Mons. Angelo Spinillo Vescovo di Aversa

I temi delle tre serate di catechesi quaresimali predicate da P. Herman Koten passionista.
Lunedì 18: Mosè: ‘La chiamata di Mosè e l’aiuto del fratello Aronne’
‘La grandezza di un uomo dipende dai suoi collaboratori’.

Martedì 19: ‘Abramo ospita tre sconosciuti e banchetta’
‘Il dono dell’ospitalità e aprirsi all’Altro/altro’.

Marcoledì 20: Giuseppe venduto dai fratelli
‘Quando il Talento genera odio, gelosia e invidia. Avere un Talento non è essere migliori degli altri ma è avere ‘un di più’ che è ricchezza per gli altri.

Venerdì 22 Marzo: l’omelia di Mons. Angelo Spinillo è stata su ‘Giuseppe, il Signore dei Sogni, venduto dai fratelli’.

Quaresima – ”L’ORA SANTA”

Cammino di preghiera

L’ORA SANTA nasce dagli ultimi attimi della vita terrena di Gesù, in cui sono coinvolti e interpellati anche i suoi discepoli. In quella notte, avviene, si compie quell’Ora… I Vangeli ci raccontano nei minimi particolari quello che gli ulivi hanno visto: il figlio di Dio, il Maestro, solo, prostrato con la faccia a terra, sudare sangue e pregare il Padre. Mai Gesù è sembrato così umano. Dunque: “notte”, “lotta”, “solitudine”, “preghiera”, “desiderio” e “offerta” che nel Getsemani Gesù vive ma soprattutto il suo desiderio profondo di amore e condivisione: “State qui, pregate con me”.
Non è una sterile memoria, ma un lasciarci raggiungere da Lui per far si che i ” tanti getsemani” che vediamo disseminati intorno a noi, siano illuminati dal Signore stesso che raggiunge ogni situazione.
Dunque, come ALLORA anche ADESSO.
È un’ora di meditazione sull’agonia di Gesù nell’Orto degli Olivi, si fa pregando vocalmente o mentalmente, senza necessità di scegliere una preghiera piuttosto che un’altra. Lo spirito che guida la preghiera è condividere con Gesù quel momento: patire con Lui, rivivere l’angoscia, il combattimento, la lotta, la resistenza a quell’amaro calice. Ma vivere con Lui anche la gioia vera, la sconfinata pace che nasce dall’abbandono alla volontà del Padre, certi del Suo Amore per noi.

Gesù chiese a Santa Margherita Maria Alacoque che l’ora di preghiera fosse fatta di giovedì, dalle undici a mezzanotte. La Chiesa, per dare la possibilità a tante persone di aderire a questa bellissima devozione, propone la recita anche nel pomeriggio.

DOVE SI FA L’ORA SANTA
Poter pregare l’Ora Santa in chiesa, alla presenza del SS. Sacramento, ci aiuta e ci favorisce nella meditazione e nella preghiera. Se questo non fosse possibile, ogni luogo può accoglierci per pregare. Se il nostro desiderio è forte, basta ricordare le parole di Gesù: “Entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto” (Mt 6, 6). Nessuna circostanza o luogo ci possono impedire di entrare nel nostro cuore per Stare con Lui.
Stare con Gesù in quell’Ora, è la Grazia più grande.
Domani Giovedì 21 Marzo ore 17.30

“Un cuore docile”

ACR Cammino di preghiera

“Un cuore docile”: camminare insieme verso l’«amore di carità»

Nelle settimane intercorse tra il 13 febbraio e il 1 marzo, il gruppo “Giovani” di AC della parrocchia Madonna delle Grazie ha vissuto un momento di formazione, riflettendo e mettendo in discussione il modo in cui curano le proprie relazioni.
Attraverso le parole di San Paolo, accompagnate dalle considerazioni del nostro parroco Don Francesco, sono state sollevate varie domande: “Come ci poniamo di fronte all’altro? Come lo valutiamo? Siamo pronti ad accoglierlo nella sua interezza o siamo bloccati a causa dei nostri preconcetti?”.
Nel confrontarci con gli altri, siamo soliti soffermarci sui difetti e sugli errori di chi abbiamo di fronte, senza guardare oltre. Ciò di cui abbiamo bisogno nell’incontro con l’altro è liberarci da quella nebbia di pregiudizio che offusca occhi, mente e cuore, e scoprire la bellezza dell’altro e il suo vero valore.
È così che ha preso il via il nostro percorso sulle relazioni: partendo dal piccolo, dai rapporti del nostro gruppo di AC, i giovani dell’Associazione, sorteggiati a coppie, sono stati invitati a incontrarsi, a conoscersi e a custodirsi a vicenda.
Tuttavia, il reciproco custodirsi è possibile solo quando siamo pronti a scusare, credere, sperare, sopportare, ovvero quando si opera un atto di carità. Come afferma Papa Francesco nell’Amoris Laetitia «L’amore di amicizia si chiama carità» e in essa si riassume la pazienza, l’umiltà, l’attenzione, il perdono, la verità, il donarsi, l’affidarsi.
Quando è assente l’«amore di carità», tendiamo ad alzare i nostri scudi e le nostre armi, a diffidare dell’altro e a non affidarci: in tal modo, non siamo in grado né di custodire l’altro, né di lasciarci custodire da lui.
A tal proposito, ci siamo posti dei quesiti: “C’è un posto in cui riusciamo a disarmarci? Lo facciamo per noi stessi o per gli altri?”. Quando ci armiamo, quelle nostre stesse armi sono puntate verso di noi: ci limitano e, piuttosto che proteggerci, ci annientano. Non ci affidiamo all’altro e, così, ricadiamo in un silenzio che può tramutarsi in angoscia se in noi albergano sentimenti cupi. Tuttavia, se il nostro animo è sereno, sarà più facile percepire il silenzio come «presenza» e conforto, dove poter finalmente deporre le armi e trovare pace.

Qualunque sia il nostro stato d’animo, ciò che conta veramente è avere la consapevolezza di poter trovare Dio e sollievo in quel silenzio e non viverlo più solo come una sofferenza da cui dover fuggire. È quindi vero che, per poter percepire la presenza di Dio, bisogna affrontare degli ostacoli: le nostre angosce, le nostre distrazioni quotidiane, i rumori di ogni giorno sono sinonimo della Sua assenza.
Così come Elia, nel Primo Libro dei Re, deve vincere tutto ciò che lo allontana dal silenzio che è presenza di Dio, anche noi giovani siamo stati guidati in un percorso che ci ha educato al silenzio, abbandonando gradualmente ogni rumore, suono e distrazione, fino a riconoscere Dio nel silenzio della preghiera, camminando insieme per ritrovare il più grande amore di carità.

ACR

”Via Crucis, una Via amata dalla Chiesa”

Nell’Occidente cristiano pochi pii esercizi sono tanto amati quanto la Via Crucis. Essa rinvia con memore affetto al tratto ultimo del cammino percorso da Gesù durante la sua vita terrena: da quando egli e i suoi discepoli, « dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli ulivi » (Mc 14, 26), fino a quando il Signore fu condotto al « luogo del Golgota » (Mc 15, 26), fu crocifisso e sepolto in un sepolcro nuovo, scavato nella roccia di un giardino vicino.

Una via tracciata dallo Spirito

La vita di Gesù è cammino tracciato dallo Spirito: all’inizio della missione lo Spirito lo aveva condotto nel deserto (cf. Lc 4, 1); poi, quale divino fuoco che gli ardeva nel petto, lo sospinse verso il Calvario (cf. Lc 12, 49-50).
L’ultimo tratto del cammino è indicibilmente duro e doloroso. Gli evangelisti hanno indugiato nella descrizione, se pure sobria, della Via Crucis che il Figlio di Dio e Figlio dell’uomo percorse per il suo amore verso il Padre e verso i figli degli uomini. Ogni passo di Gesù è momento di avvicinamento all’attuazione piena del disegno salvifico: all’ora del perdono universale (cf. Lc 23, 34), della ferita del Cuore – apertura di inesauribile sorgente di grazia – (cf. Gv 19, 34), dell’immolazione del vero Agnello pasquale, al quale non è spezzato alcun osso (cf. Gv 19, 36), del dono della Madre (cf. Gv 19, 26-27) e dello Spirito (cf. Mt 27, 50). Perché ogni sofferenza di Gesù è seme di gioia futura per l’umanità, e ogni scherno è premessa di gloria. Ogni incontro di Gesù su quella via di dolore – con amici, con nemici, con indifferenti … – è occasione per un supremo insegnamento, per un ultimo sguardo, per una estrema offerta di riconciliazione e di pace.

Una via amata dalla Chiesa

La Chiesa ha conservato memoria viva delle parole e degli avvenimenti degli ultimi giorni del suo Sposo e Signore. Memoria affettuosa, se pure dolorosa del tratto che Gesù percorse dal Monte degli ulivi al Monte Calvario. La Chiesa infatti sa che in ogni episodio accaduto durante quel cammino si cela un mistero di grazia, è racchiuso un gesto di amore per lei.
La Chiesa è consapevole che nell’Eucaristia il suo Signore le ha lasciato la memoria sacramentale, oggettiva, del Corpo spezzato e del Sangue versato sulla cima del Golgota. Ma essa ama anche la memoria storica dei luoghi dove Cristo ha sofferto, le vie e le pietre bagnate dal suo sudore e dal suo sangue.

Partecipando alla Via Crucis, ogni discepolo di Gesù deve riaffermare la propria adesione al Maestro: per piangere il proprio peccato come Pietro; per aprirsi, come il Buon Ladrone, alla fede in Gesù, Messia sofferente; per restare presso la Croce di Cristo, come la Madre e il discepolo, e lì accogliere con essi la Parola che salva, il Sangue che purifica, lo Spirito che dà la vita.

fonte Santa Sede

Grazie a te Donna (San Giovanni Paolo II)

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Grazie a te, donna, per il fatto stesso che sei donna!

Con la percezione che è propria della tua femminilità tu arricchisci la comprensione del mondo e contribuisci alla piena verità dei rapporti umani”.
”Grazie a te, donna sorella, che porti nel complesso della vita sociale le ricchezze della sensibilità, della tua intuizione, della tua generosità, della tua costanza”.