Il Mistero della Beata Vergine Maria, donna nel suo popolo.

Il vangelo ci rivela che Maria è ‘regina della comunicazione e dell’accoglienza’.
Il mistero della Visitazione, infatti, è il mistero della comunicazione mutua di due donne diverse per età, ambiente, caratteristiche e della rispettosa vicendevole accoglienza.
Due donne, ciascuna delle quali porta un segreto difficile a comunicare, il segreto più intimo e più profondo che una donna possa sperimentare sul piano della vita fisica: l’attesa di un figlio.
Elisabetta fatica a dirlo a causa dell’età, della novità, della stranezza. Maria fatica perché non può spiegare a nessuno le parole dell’angelo. Se Elisabetta ha vissuto, secondo il Vangelo, nascosta per alcuni
mesi nella solitudine, infinitamente più grande è stata la solitudine di Maria. Forse per questo parte “in fretta”; ha bisogno di trovarsi con qualcuno che capisca e da ciò che le ha detto l’angelo ha capito che la cugina è la persona più adatta.
Quando si incontrano, Maria è regina nel salutare per prima, è regina nel saper rendere onore agli altri, perché la sua regalità è di attenzione premurosa e preveniente, quella che dovrebbe avere ogni donna. Elisabetta si sente capita ed esclama: “Benedetta tu tra le donne”. Immaginiamo l’esultanza e lo stupore di Maria che si sente a sua volta compresa, amata, esaltata. Sente che la sua fede nella Parola è stata riconosciuta.
Il mistero della Visitazione ci parla quindi di una compenetrazione di anime, di un’accoglienza reciproca e discretissima, che non si logora con la moltitudine delle parole, che non richiede un eloquio fluviale ma che con semplici accenni di luci, di fiaccole nella notte, permette una comunicazione perfetta” [Meditazione del Card. Carlo Maria Martini]

Antifona:  
”Venite, ascoltate, voi tutti che temete Dio:
vi racconterò quanto ha fatto il Signore
per l’anima mia.”

ACR – Dal dolore nascono le perle

Dal 4 al 6 Maggio i giovani della nostra parrocchia, appartenenti all’Azione Cattolica, sono partiti per un weekend di ritiro e riflessione presso la struttura Tabor a Santa Maria del Molise, provincia di Isernia.

I ragazzi si sono confrontati sul significato della gioia vera.

Quante volte i giovani si rifugiano in un mondo tutto loro, in cui non permettono a nessuno di avvicinarsi, amici, parenti, a maggior ragione se questi sono adulti. A volte risulta molto più semplice soffrire in solitudine e nel silenzio, piuttosto che aprirsi veramente a qualcuno di cui ci si fida. Perché poi bisogna chiedersi: si è veramente disposti a fidarsi di qualcuno?

Il primo impatto che hanno ricevuto è stato quello di una stanza alle cui pareti erano appese le tante questioni negative che affollano le menti, le paure, i disagi, le angosce, la tristezza. Quanti si sono riconosciuti in quelle paure, per il futuro, dell’abbandono, della solitudine, del non sentirsi accettati, l’essere a disagio, il sentirsi abbandonati dagli altri e ancora di più da Dio. Ad ognuno è stata consegnata una conchiglia, nella quale scrivere un momento di forte tristezza, dal quale era scaturita una gioia, una consapevolezza, una crescita. Perché pensiamo che il dolore venga solo per nuocere? Spesso si trasforma nel trampolino di lancio per un nuovo inizio. Così come le perle che nascono dalle ferite che la conchiglia subisce, dai corpi estranei che arrivano da fuori, e che vengono inglobati, arginati, perché da quel dolore possa nascere la bellezza, anche nei cuori degli uomini può avvenire lo stesso e spesso accade, anche se non ci se ne rende conto.

È stato San Paolo a dare una risposta ai ragazzi, “Chi ci separerà dall’amore in Cristo Gesù?”.

Grazie alla catechesi tenuta da Arturo Palma, i ragazzi si sono confrontati ancora una volta con il loro dolore, con il loro senso di inadeguatezza, con la loro tristezza e hanno scoperto che non esiste al mondo una forza in grado di separare l’uomo dall’amore di Dio. A volte possiamo allontanarlo, ma Lui è sempre pronto a tenderci la mano, a proteggerci e se “Dio è con noi, chi sarà contro di noi?”. Ecco che anche la psicologia si ricollega a San Paolo, per vivere felice il cristiano deve diventare un essere resiliente. La resilienza è la capacità di un corpo di subire un trauma senza rompersi, in psicologia è la capacità di un individuo affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà senza cadere in mille pezzi.

Dopo il momento di deserto in cui ognuno è riuscito a dare libero sfogo ai propri sentimenti ed un nome ai propri “demoni interiori”, sulla base del canto Chi ci Separerà del maestro Marco Frisina, ognuno ha affidato al fuoco dello Spirito quello che si portava nel cuore e ha scoperto che unito con i fratelli diventa una forza ineguagliabile.

Questo ha permesso ad ognuno di affrontare se stesso ed esorcizzare le proprie paura, tutti quegli ostacoli e quelle zavorre che impediscono all’uomo di abbandonare il nido, la propria sicurezza, il proprio porto sicuro e di affrontare il mondo sapendo che il Signore non ci lascia mai soli.

È stato un viaggio interiore molto forte quello dei ragazzi, non è facile dire a voce alta quello che tormenta i nostri animi, eppure insieme hanno scoperto che tutto può essere affrontato, perché se c’è Gesù al centro della nostra vita e delle nostre relazioni, nulla è perduto, c’è solo tanto da guadagnare. La cosa difficile è lanciarsi, fidarsi, capire che non si è mai soli e che troveremo sempre un Qualcuno che non si stancherà mai di noi, pronto ad afferrarci quando cadiamo e a sostenerci quando vacilliamo.

Non temiamo dunque il dolore, da lì nasce la forza, da lì nasce la bellezza e la bellezza salverà il mondo…
Francesco Spada

Maria, Madre della Chiesa

Documenti Vaticani News

Il 21 novembre 1964, a conclusione della terza Sessione del Concilio Vaticano II, dichiarò la beata Vergine Maria «Madre della Chiesa, cioè di tutto il popolo cristiano, tanto dei fedeli quanto dei Pastori, che la chiamano Madre amantissima». La Sede Apostolica pertanto, in occasione dell’Anno Santo della Riconciliazione (1975), propose una messa votiva in onore della beata Maria Madre della Chiesa, successivamente inserita nel Messale Romano; diede anche facoltà di aggiungere l’invocazione di questo titolo nelle Litanie Lauretane (1980). Papa Francesco, considerando attentamente quanto la promozione di questa devozione possa favorire la crescita del senso materno della Chiesa, come anche della genuina pietà mariana, ha stabilito nel 2018 che la memoria della beata Vergine Maria, Madre della Chiesa, sia celebraa dal Calendario Romano nel Lunedì dopo Pentecoste.

Maria, modello di santità feriale

Cosa insegna la Madonna a Don Tonino Bello? Anche in questo caso, direi principalmente due cose.
La prima rinviene dal fatto che Maria fa esperienza quotidiana di Cristo, e per don Tonino il quotidiano è il cantiere in cui si costruisce la storia della salvezza. Maria frequenta la ferialità : è <<donna dei nostri giorni>> fino all’irriverenza iperbolica:

La vogliamo sentire così: di casa. Mentre parla il nostro dialetto. Immersa nella cronaca paesana. Con gli abiti del nostro tempo. Se per un attimo osiamo toglierle l’aureola, è perché vogliamo vedere quanto è bella a capo scoperto>>.

Irriverenza iperbolica, peraltro, perfettamente in linea con la dichiarazione conciliare:
<<Maria viveva sulla terra una vita comune a tutti, piena di sollecitudini familiari e di lavoro>>(Apostolicam Actuositatem, 4).

Che don Tonino commenta così:
<<Intanto Maria viveva sulla terra. Non sulle nuvole. I suoi pensieri non erano campati in aria. I suoi gesti avevano come soggiorno obbligato i perimetri delle cose terrene. Anche se l’estasi era l’esperienza a cui Dio la chiamava, non si sentiva dispensata dalla fatica di stare con i piedi per terra.
Per questo, torna a camminare discretamente con noi, o creatura straordinaria innamorata di normalità, che prima di essere incoronata Regina del cielo, hai ingoiato la polvere della nostra povera terra>>.

La santità di Maria è una santità feriale, esattamente come quella di don Tonino Bello.