L’esperienza non solo di ”udire la Parola”, ma anche di ”vedere l’avvenimento”, come fecero i pastori di Betlemme (Lc 2,15), di ”toccare la Persona” come ardì fare l’emorroissa e i tanti infermi che si accalcavano intorno a Gesù per essere guariti; è di quella che San Francesco fece rivivere agli abitanti di Greccio, donanadoci il primo ”presepio vivente”. Leggendo bene ciò che scrive Tommaso da Celano sull’evento, notiamo che ”il Bambinello, portato da Francesco, giaceva privo di vita nella mangiatoia”, ed è solo ”in visione” che un uomo virtuoso lo vide prendere vita. E qui c’è un’osservazione: il fanciullo Gesù, per i meriti del Santo, più che sulla paglia veniva risuscitato nei cuori di molti che l’avevano dimenticato, e ricordo di lui rimaneva impresso profondamente nella loro memoria. Francesco, che a sua volta meditava continuamente le parole del Signore, soprattutto l’umiltà dell’incarnazione e la carità della Passione, in quell’occasione seppe parlarne con tale entusiastico amore che gli astanti si sentirono partecipi dell’evento narrato. Ormai non erano più semplici ”figuranti” del primo presepio vivente, erano, piuttosto entrati tutti ”anima e corpo” nel mistero della natività di nostro Signore, così, come avvenne a Betlemme e come ce lo narra l’evangelista (e pittore!) San Luca.
Francesco, innamorato di Gesù, seppe descrivere la scena della stalla di Betlemme con colori così vivi che tutti percepirono l’evento come fosse avvenuto a Greccio, in quella notte del Natale 1223. Il Poverello d’Assisi anticipò, per i pastori e i concittadini del reatino, quella ”composizione del luogo” che sant’Ignazio di Loyola proporrà nei suoi Esercizi spirituali.
Un metodo a cui ci rimanda il Beato Giovanni Paolo II nella sua lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae, quando, come aiuto alla preghiera del Rosario, consiglia la Contemplazione visiva proposta da Ignazio(l’uso del polmone occidentale della Chiesa).
Ecco cosa scriveva Papa Wojtyla:”Nell’enunciare il mistero sarebbe bene avere l’opportunità di fissare contestualmente un’icona che lo raffiguri, perchè ciò è come aprire uno scenario su cui concentrare l’attenzione. Le parole guidano l’immaginazione e l’animo a quel determinato episodio o momento della vita di Cristo. Nella spiritualità che si è sviluppata nella Chiesa, sia la venerazione di icone, che le molte devozioni ricche di elementi sensibili, come anche lo stesso metodo proposto da sant’Ignazio di Loyola negli Esercizi Spirituali, hanno fatto ricorso all’elemento visivo e immaginativo ritenendolo di grande aiuto per favorire la concentrazione dell’animo sul mistero. E’ una metodologia, del resto, che corrispsonde alla logica stessa dell’Incarnazione: Dio ha voluto prendere, in Gesù, lineamenti umani. E’ attraverso la sua realtà corporea che noi veniamo condotti a prendere contatto con il suo mistero divino”(RVM 29).