Perchè sono nato, dice Dio

“Sono nato nudo,
dice Dio perchè tu sappia spogliarti di te stesso.
Sono nato povero
perchè tu possa considerarmi l’unica ricchezza.
Sono nato in una stalla
perchè tu impari a santificare ogni ambiente.
Sono nato debole,
dice Dio perchè tu non abbia mai paura di me.
Sono nato per amore
perchè tu non dubiti mai del mio amore.
Sono nato di notte
perchè tu creda che posso illuminare qualsiasi realtà.
Sono nato persona,
dice Dio perchè tu non abbia mai a vergognarti di essere te stesso.
Sono nato uomo perchè tu possa essere “dio”.
Sono nato perseguitato
perchè tu sappia accettare le difficoltà.
Sono nato nella semplicità perchè tu smetta di essere complicato.
Sono nato nella tua vita, dice Dio per portare tutti alla casa del Padre.”

Lambert Noben
 
FELICE E SANTO ANNO  IN CRISTO GESU’

Dal presepio vivente al mistero vissuto

L’esperienza non solo di ”udire la Parola”, ma anche di ”vedere l’avvenimento”, come fecero i pastori di Betlemme (Lc 2,15), di ”toccare la Persona” come ardì fare l’emorroissa e i tanti infermi che si accalcavano intorno a Gesù per essere guariti; è di quella che San Francesco fece rivivere agli abitanti di Greccio, donanadoci il primo ”presepio vivente”. Leggendo bene ciò che scrive Tommaso da Celano sull’evento, notiamo che ”il Bambinello, portato da Francesco, giaceva privo di vita nella mangiatoia”, ed è solo ”in visione” che un uomo virtuoso lo vide prendere vita. E qui c’è un’osservazione: il fanciullo Gesù, per i meriti del Santo, più che sulla paglia veniva risuscitato nei cuori di molti che l’avevano dimenticato, e ricordo di lui rimaneva impresso profondamente nella loro memoria. Francesco, che a sua volta meditava continuamente le parole del Signore, soprattutto l’umiltà dell’incarnazione e la carità della Passione, in quell’occasione seppe parlarne con tale entusiastico amore che gli astanti si sentirono partecipi dell’evento narrato. Ormai non erano più semplici ”figuranti” del primo presepio vivente, erano, piuttosto entrati tutti ”anima e corpo” nel mistero della natività di nostro Signore, così, come avvenne a Betlemme e come ce lo narra l’evangelista (e pittore!) San Luca.
Francesco, innamorato di Gesù, seppe descrivere la scena della stalla di Betlemme con colori così vivi che tutti percepirono l’evento come fosse avvenuto a Greccio, in quella notte del Natale 1223. Il Poverello d’Assisi anticipò, per i pastori e i concittadini del reatino, quella ”composizione del luogo” che sant’Ignazio di Loyola proporrà nei suoi Esercizi spirituali.
Un metodo a cui ci rimanda il Beato Giovanni Paolo II nella sua lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae, quando, come aiuto alla preghiera del Rosario, consiglia la Contemplazione visiva proposta da Ignazio(l’uso del polmone occidentale della Chiesa).
Ecco cosa scriveva Papa Wojtyla:”Nell’enunciare il mistero sarebbe bene avere l’opportunità di fissare contestualmente un’icona che lo raffiguri, perchè ciò è come aprire uno scenario su cui concentrare l’attenzione. Le parole guidano l’immaginazione e l’animo a quel determinato episodio o momento della vita di Cristo. Nella spiritualità che si è sviluppata nella Chiesa, sia la venerazione di icone, che le molte devozioni ricche di elementi sensibili, come anche lo stesso metodo proposto da sant’Ignazio di Loyola negli Esercizi Spirituali, hanno fatto ricorso all’elemento visivo e immaginativo ritenendolo di grande aiuto per favorire la concentrazione dell’animo sul mistero. E’ una metodologia, del resto, che corrispsonde alla logica stessa dell’Incarnazione: Dio ha voluto prendere, in Gesù, lineamenti umani. E’ attraverso la sua realtà corporea che noi veniamo condotti a prendere contatto con il suo mistero divino”(RVM 29).

Catechesi biblica – Destinazione e scopo del IV vangelo

Catechesi del Parroco

 Il Vangelo di Giovanni ha una sua tradizione storica e teologica ben precisa, la quale deve sempre essere tenuta presente, e che esso intende custodire e preservare. Ciò però non toglie che esso ha anche degli scopi immediati che servirono comunque per confermare i cristiani nella loro fede.

  1. Apologetica contro i seguaci di Giovanni il Battista: come testimoniano in At 18,5-19,7, vi erano dei discepoli di Giovanni il Battista che avevano mantenuto e diffuso “l’opera” del Battista a scapito di Gesù. Per questo motivo il Prologo del IV vangelo fa un esplicito riferimento a Giovanni il Battista e al suo status nei confronti di Gesù: in 1,20 e 3,28 è detto chiaramente che Giovanni il Battista non è il messia, e in 10,41 si afferma che egli non ha mai operato miracoli. In 3,30 Giovanni il Battista afferma che la sua importanza diminuisce davanti a Gesù.

  2. Controversia con i giudei: vi è nel IV vangelo un atteggiamento di polemica di Gesù nei confronti dei Capi del popolo, che viene sottolineato dall’uso del termine “Giudei” volendo indicare con esso tutti coloro che erano ostili a Gesù, in primo luogo le autorità religiose e i capi del popolo. Infatti nel vangelo di Giovanni non ritroviamo i partiti politico-religiosi che si riscontrano spesso nei sinottici, quali farisei, sadducei ecc., ma il termine “giudei” li racchiude tutti, anche in considerazione del fatto che il IV vangelo fu scritto dopo la distruzione del Tempio nel 70 d.C. e in quel periodo storico i partiti polico-religiosi avevano perso di importanza. Giovanni insiste ed enfatizza molto nell’usare alcuni termini e titoli di Gesù proprio come sottolineatura di questa controversia: i giudei rifiutano Gesù che è il Messia, il Servo di Dio, l’Agnello Apocalittico, il Re d’Israele, il Santo di Dio, colui che compie le promesse delle attese veterotestamentarie di Israele. Un altro aspetto di tale controversia è dato dall’uso del termine “Israele”, volendo identificare con esso coloro che sono i veri eredi delle promesse dell’ AT. Natanaele, per esempio, non è un Giudeo, ma un vero israelita (1,47) perché in lui non vi è falsità e accoglie prontamente Gesù. Bisogna però fare attenzione a quando il termine giudeo indica solamente una provenienza geografica o religiosa: nel caso di Gesù con la Samaritana (4,22) il termine “Giudei” è chiaramente usato per una tradizione religiosa. Da ciò possiamo desumere che l’atteggiamento di Giovanni verso la sinagoga è apologetico e non missionario: nel periodo in cui scrive Giovanni i cristiani erano stati cacciati dalla sinagoga e nella preghiera delle “Diciotto Benedizioni” del culto sinagogale era stata inserita nella 12 benedizione una vera e propria maledizione verso i cristiani considerati eretici.

  3. Disputa contro i cristiani eretici: in questo periodo cominciano a nascere le prime eresie cristiane sulla divinità e sulla umanità di Gesù, come testimoniato anche da fonti extrabibliche, quali il Docetismo che considerava apparenza sia l’umanità di Gesù che la sua passione. Vi sono alcuni passi di Giovanni che tendono a ben specificare l’umanità reale di Gesù: la Parola si è fatta Carne (1,14), il costato trafitto da cui sgorga sangue e acqua (19,34) che sottolinea senza alcun margine di errore che non si tratta di un fantasma ma di vera umanità e vera sofferenza. Di questo fine antieretico del vangelo però non riscontra una forte intenzionalità nell’evangelista.

  4. Incoraggiamento ai cristiani credenti: vi è un interesse latente nel vangelo verso i gentili(7,35), quasi a voler profetizzare che anche essi un giorno crederanno in Gesù (anche se in modo ironico 19,1-3): basta solo pensare alla premura di spiegare alcuni termini ebraici di cui Giovanni stesso fa uso: 1,38.41; 9,7; 20,16. Quindi il Vangelo è rivolto al credente Cristiano, senza distinzione di provenienza: egli appartiene al nuovo popolo, uscito dall’ovile ebraico o venuto da fuori (10,16). Il nuovo popolo è formato da coloro che hanno accolto Gesù e che non sono generati da desiderio umano ma da Dio (1,12-13), essi sono figli di Dio e quindi possiedono già la vita eterna, l’escatologia è già realizzata perché hanno già incontrato Gesù. 

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