Come comunità territoriale, ci sentiamo chiamati, in questi giorni, a una seria riflessione su credenze e forme di religiosità popolare, da cui, in situazioni particolari, possono anche generarsi situazioni anomale o addirittura pericolose.
La religiosità popolare è una grandissima ricchezza. Temiamo però, che a volte, possa smarrirsi in forme di dipendenza.
La fede, invece, è una forma di liberazione: la persona apre il cuore alla grandezza della presenza di Dio e diventa, in qualche modo partecipe di quella grandezza, diventa partecipe della libertà di Dio nel fare il bene.
La religiosità popolare è quella che in questi giorni di quaresima e poi della passione, contempla la sofferenza di Cristo Gesù, il dono che Cristo fa di se stesso all’umanità.
Lo fa attraverso – ripeto – le forme che le sono proprie: per esempio, una processione. Questo, però, piò sfociare in forme, in cui prevale un senso di sottomissione a una forza, a una potenza. Non dimentico mai un’espressione che si trova nel libro ‘Cristo si è fermato a Eboli’, quando Carlo Levi descrive una processione, dicendo che tanta di quella festa, che si faceva intorno a quell’immagine della Madonna portata in processione, appariva più come un tributo dovuto alla potenza, piuttosto che un modo di partecipare alla carità.
Infatti se, per la debolezza umana o per tanti bisogni in cui ci si trova, ci si limita a vivere forme di sottomissione usando la religione quasi come una sorta di magia, di superstizione, allora purtroppo l’umanità non viene liberata.
In particolare in che cosa consistono le cosiddette pratiche esorcistiche? La Chiesa le riconosce? E in quali casi le autorizza?
Il male deturpa la libertà dell’uomo, la possibilità di vivere con serenità. Rende davvero la persona meno umana. In questo c’è l’azione, direi così, ordinaria del demonio, azione che possiamo riconoscere in tutti i peccati, in tutte le forme di prepotenza, di ingiustizia, di violenza, di falsità. Tutto questo è quel male in cui, forse, facciamo fatica a riconoscere l’azione del demonio.
Per liberarsi dal male ci vuole solo il contatto con il Signore della vita, che è giustizia, verità, amore. Questo contatto è innanzitutto la preghiera, è raccogliere la Sua Parola, il riconoscere la sua presenza, con cui vivere in dialogo permanente. Ma quando si riconosce non solo la tentazione ordinaria del demonio, ma si riconosce una presenza particolare, che sembra vessare in maniera ossessiva una creatura umana, farle sperimentare il male nella forma estrema di una sudditanza alla presenza del demonio, ecco che la Chiesa, con la preghiera, secondo la sua millenaria tradizione, viene in soccorso a ciascuno dei fedeli. Ovviamente non è facile riconoscere quando questo è davvero opera del demonio o non sia frutto delle tante ordinarie situazioni di difficoltà, che l’umanità, purtroppo continua a vivere soprattutto nei tempi di confusione, quando cioè ci sono incertezze sui valori, sugli affetti, sul futuro. Allora è facile che si cerchi una soluzione più immediata, perchè privi di serenità interiore e senza fiducia. E’ allora che la Chiesa interviene con la preghiera e aiuta la persona a liberarsi, alzando lo sguardo a Dio, rinnovando la sua fiducia in Lui. Ecco perchè, di solito, queste preghiere particolari le affida a persone ufficialmente incaricate di questa attenzione della Chiesa alla vita delle singole persone.
E non si fa con superficialità, ma è qualcosa che si fa in casi, per la verità, molto rari. La preghiera, come dicevo, viene guidata da un sacerdote, ma è preghiera di tutta la Chiesa, che vuole aprire il cuore delle persone alla presenza di Dio. Non è uno scontro di poteri o di forze con modalità simili a interventi di potenze materiali.
Nelle pratiche tese a combattere presunte presenze malefiche, qual’è lo spirito con cui si opera e i limiti che l’incaricato deve rispettare?
Nel caso in cui si arrivasse a riconoscere una presenza malefica nella vita di una persona, chi sviluppa le preghiere di liberazione dovrà essere persona equilibrata, capace di riconoscere anzitutto il male, ma capace anche, con l’aiuto delle scienze psicologiche e psichiatriche, di essere di sostegno alla persona. Non si tratta, come dicevo, di mettersi in forme di combattimento tra potenze, ma piuttosto in quella dimensione di attenzione alla vita di ciascuno, che potremmo chiamare ministero di consolazione, un desiderio, un bisogno di consolare. La Chiesa, con la sua preghiera in atteggiamento di fraternità, viene a sostenere il cammino di ciascuno verso il bene, verso il regno di Dio. Ma è un atteggiamento di fraternità, che avvicina a ogni persona, non è l’intervento dello specialista di un tipo di patologia. Mi viene in mente un pensiero del cardinale Robert Sarah nel suo ‘Dio o niente’. C’è nell’uomo una nostalgia di Dio, un’aspirazione, un attaccamento naturale, che ci spinge verso il Padre, eppure l’uomo resta doppio, diviso tra la sua ricerca del bene e il potere delle tenebre. La preghiera, assecondata dalla penitenza, è un atto di resistenza, un segno di mancata sottomissione al principe di questo mondo’. E’ in questa prospettiva che la Chiesa vive anche il senso dell’esorcismo, lo vive cioè come quella preghiera che vuole aiutare le persone ad essere sempre vigili, a non lasciarsi mai tentare verso il male, a camminare verso il bene, con fiducia e con l’aiuto di tutta la comunità.
Articolo tratto dall’Osservatorio Cittadino n°4 del 25/02/2018