Diocesi Aversa – Documenti relativi al Sinodo

Santa Sede – Il Papa inaugura il cammino sulla sinodalità

CEI Documenti Vaticani

La Messa del Papa nella Basilica di San Pietro aprirà ufficialmente il Sinodo sulla Sinodalità in Vaticano,  domenica 10 ottobre.

Il cammino sinodale sarà aperto dal Pontefice il 9 e 10 ottobre prossimi, per poi svilupparsi lungo tre anni e tre fasi: diocesana, continentale, universale. La prima, che le diocesi inaugureranno il 17 ottobre sotto la presidenza del vescovo locale, prevede la consultazione dei fedeli e servirà alla Segreteria generale del Sinodo per redigere il primo Instrumentum laboris che sarà pubblicato nel settembre 2022. Quindi partirà la seconda fase che vedrà, fino al marzo 2023, il dialogo “continentale” delle Chiese sul suddetto Documento di lavoro. Da questo confronto la Segreteria sinodale ricaverà un secondo Instrumentum laboris che sarà diffuso nel giugno del 2023. Ad ottobre dello stesso anno, infine, si aprirà la terza e ultima fase, con il Sinodo “universale” in programma in Vaticano.

“I vescovi – prosegue la nota – vedono in questi processi un’opportunità per vivere una vera esperienza di sinodalità a livello locale, approfondendo la conversione pastorale-missionaria delle diocesi del Quebec sotto la guida dello Spirito Santo”. Di qui, l’incoraggiamento a “tutte le comunità parrocchiali, i movimenti e le associazioni cattoliche, gli istituti di vita consacrata e altri gruppi cristiani a partecipare a questo esercizio di ascolto, dialogo e discernimento”, nello spirito del Documento Preparatorio e del Vademecum redatti per l’occasione e diffusi il 7 settembre.

In essi, si indicano tre linee-guida: ascoltare, “senza pregiudizi”, prendere la parola, “con coraggio e parresia”, dialogare, con la Chiesa, la società e le altre confessioni cristiane. Il Documento preparatorio è pensato soprattutto come uno strumento per favorire la prima fase di ascolto e consultazione del Popolo di Dio nelle Chiese particolari, mentre il Vademecum è concepito come un manuale che offre un sostegno pratico ai referenti diocesani per preparare e riunire i fedeli. Il testo, infatti, riporta le fonti liturgiche e bibliche, le preghiere e un glossario di termini per il processo sinodale.

”Vieni e Vedi” Messaggio di Papa Francesco per 55ma GMCS

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER LA 55ma GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI  SOCIALI

«Vieni e vedi» Gv 1,46. Comunicare incontrando le persone dove e come sono

Cari fratelli e sorelle, l’invito a “venire e vedere”, che accompagna i primi emozionanti incontri di Gesù con i discepoli, è anche il metodo di ogni autentica comunicazione umana. Per poter raccontare la verità della vita che si fa storia (cfr Messaggio per la 54ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali , 24gennaio 2020) è necessario uscire dalla comoda presunzione del “già saputo” e mettersi in movimento, andare a vedere, stare con le persone, ascoltarle, raccogliere le suggestioni della realtà, che sempre ci sorprenderà in qualche suo aspetto. «Apri con stupore gli occhi a ciò che vedrai, e lascia le tue mani riempirsi della freschezza della linfa, in modo che gli altri, quando ti leggeranno, toccheranno con mano il miracolo palpitante della vita», consigliava il Beato Manuel Lozano Garrido[1] ai suoi colleghi giornalisti. Desidero quindi dedicare il Messaggio, quest’anno, alla chiamata a “venire e vedere”, come suggerimento per ogni espressione comunicativa che voglia essere limpida e onesta: nella redazione di un giornale come nel mondo del
web, nella predicazione ordinaria della Chiesa come nella comunicazione politica o sociale. “Vieni e vedi” è il modo con cui la fede cristiana si è comunicata, a partire da quei primi incontri sulle rive del fiume Giordano e del lago di Galilea. Continua a leggere: https://it.scribd.com/document/492167648/Papa-Francesco-Messaggio-Comunicazioni-Sociali

Aspettando la 54a GMCS

GIORNATA MONDIALE DELLA COMUNICAZIONE
« Tra le meravigliose invenzioni tecniche che, soprattutto nel nostro tempo, l’ingegno umano è riuscito, con l’aiuto di Dio, a trarre dal creato,… occupano un posto di rilievo quegli strumenti che, per loro natura, sono in grado di raggiungere e influenzare non solo i singoli, ma le stesse masse e l’intera umanità. Rientrano in tale categoria la stampa, il cinema, la radio, la televisione e simili. A ragione quindi essi possono essere chiamati: strumenti di comunicazione sociale. La Chiesa nostra madre riconosce che questi strumenti se bene adoperati, offrono al genere umano grandi vantaggi, perché contribuiscono efficacemente a sollevare e ad arricchire lo spirito, nonché a diffondere e a consolidare il regno di Dio…
Al fine di rendere più efficace il multiforme apostolato della Chiesa con l’impiego degli strumenti di comunicazione sociale, ogni anno in tutte le diocesi del mondo, a giudizio dei vescovi, venga celebrata una “giornata” nella quale i fedeli siano istruiti sui loro doveri in questo settore, invitati a speciali preghiere per questo scopo e a contribuirvi con le loro offerte… ».

Decreto Inter Mirifica – Concilio Vaticano II, 4 dicembre 1963
Con questo decreto, il 4 dicembre 1963 il Concilio Vaticano II istituisce la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali nella Chiesa e nella società, celebrata ogni anno nella domenica che precede la Pentecoste (maggio).
Il tema viene annunciato dal Papa il 29 settembre, in occasione della festa dell’Arcangelo Gabriele, per l’anno seguente e il testo integrale del messaggio è licenziato il 24 gennaio davanti ai giornalisti cattolici, riuniti in quel giorno per celebrare il loro patrono, San Francesco di Sales.

57a Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER LA 57ª GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI –  (3 maggio 2020)
Le parole della vocazione

Cari fratelli e sorelle!
Il 4 agosto dello scorso anno, nel 160° anniversario della morte del santo Curato d’Ars, ho voluto offrire una Lettera ai sacerdoti, che ogni giorno spendono la vita per la chiamata che il Signore ha rivolto loro, al servizio del Popolo di Dio.
In quell’occasione, ho scelto quattro parole-chiave – dolore, gratitudine, coraggio e lode – per ringraziare i sacerdoti e sostenere il loro ministero. Ritengo che oggi, in questa 57ª Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, quelle parole si possano riprendere e rivolgere a tutto il Popolo di Dio, sullo sfondo di un brano evangelico che ci racconta la singolare esperienza capitata a Gesù e Pietro durante una notte di tempesta sul lago di Tiberiade (cfr Mt 14,22-33).
continua:http://www.vatican.va/content/francesco/it/messages/vocations/documents/papa-francesco_20200308_57-messaggio-giornata-mondiale-vocazioni.html

‘Admirabile Signum’, Il Valore del Presepe

Gesù viene deposto in una mangiatoia, che in latino si dice praesepium , da cui presepe.
Il presepe, infatti, è come un Vangelo vivo, che trabocca dalle pagine della Sacra Scrittura. Mentre contempliamo la scena del Natale, siamo invitati a metterci spiritualmente in cammino, attratti dall’umiltà di Colui che si è fatto uomo per incontrare ogni uomo.
”Con questa Lettera vorrei sostenere la bella tradizione delle nostre famiglie, che nei giorni precedenti il Natale preparano il presepe. Come pure la consuetudine di allestirlo nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli ospedali, nelle carceri, nelle piazze… È davvero un esercizio di fantasia creativa, che impiega i materiali più disparati per dare vita a piccoli capolavori di bellezza. Si impara da bambini: quando papà e mamma, insieme ai nonni, trasmettono questa gioiosa abitudine, che racchiude in sé una ricca spiritualità popolare. Mi auguro che questa pratica non venga mai meno; anzi, spero che, là dove fosse caduta in disuso, possa essere riscoperta e rivitalizzata”. Papa Francesco
Si consiglia vivamente la lettura della Lettera Apostolica di Papa Francesco…cliccare sul link sottostante
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/apost_letters/documents/papa-francesco-lettera-ap_20191201_admirabile-signum.pdf

 

 

”La Forza dirompente della Pietà Popolare”

Nell’ Instrumentum laboris troviamo diversi riferimenti alla religiosità popolare. Mi  ricollego soprattutto al numero 13 del documento dove si legge che in alcune regioni o nazioni «si conservano tuttora molto vive tradizioni di pietà e di religiosità cristiana; ma questo patrimonio morale e spirituale rischia oggi di essere disperso sotto l’impatto di molteplici processi, tra i quali emergono la secolarizzazione e la diffusione delle sette. Solo una nuova evangelizzazione può assicurare la crescita di una fede limpida e profonda, capace di fare di queste tradizioni una forza di autentica libertà…». Anche il numero 83 del documento sottolinea che «la Chiesa ha bisogno di non perdere il volto di Chiesa “domestica, popolare”»

In questo contesto vale la pena ricordare ciò che, su questo argomento, scrive il Papa Paolo VI nell’Evangelii Nuntiandi. Il Papa presenta la religiosità popolare come una via di evangelizzazione e dice espressamente «qui tocchiamo un aspetto dell’evangelizzazione che non può lasciare insensibili» (n. 48). Secondo Paolo VI «la religiosità popolare, si può dire, ha certamente i suoi limiti […] Resta spesso a livello di manifestazioni cultuali senza impegnare un’autentica adesione di fede […] Ma se è ben orientata, – afferma il Papa – soprattutto mediante una pedagogia di evangelizzazione, è ricca di valori. Essa manifesta una sete di Dio che solo i semplici e i poveri possono conoscere; rende capaci di generosità e di sacrificio fino all’eroismo, quando si tratta di manifestare la fede; comporta un senso acuto degli attributi profondi di Dio: la paternità, la provvidenza, la presenza amorosa e costante; genera atteggiamenti interiori raramente osservati altrove al medesimo grado: pazienza, senso della croce nella vita quotidiana, distacco, apertura agli altri, devozione» (n. 48).

Il beato Giovanni Paolo II nel suo Magistero ha dedicato particolare attenzione al fenomeno della religiosità popolare. Secondo il beato pontefice, la religiosità popolare non è altro che «una fede radicata profondamente in una cultura precisa, immersa sin nelle fibre del cuore e nelle idee, e soprattutto condivisa largamente da un popolo intero, che è allora popolo di Dio».
1 Il Santo Padre fa risalire la dimensione “popolare” del cristianesimo al Cenacolo di Pentecoste, quando la Chiesa uscì in modo dirompente dalla cerchia del piccolo gruppo dei primi discepoli. Il carattere “popolare” del cristianesimo è, a suo avviso, essenziale perché esprime la cattolicità della Chiesa. La dimensione popolare, presente sin dalle origini della Chiesa – come testimoniano gli Atti degli Apostoli – costituisce un dono e un appello a cui devono prestare attenzione soprattutto i Pastori che hanno il compito della guida e del discernimento. Nel discorso citato, Giovanni Paolo II ribadisce con forza che «la Chiesa cattolica non può essere ridotta a un cenacolo, a un’élite spirituale o apostolica».
2 Per questa ragione nella pastorale bisogna «evitare i falsi dilemmi: o l’élite o la massa – la qualità dei cristiani o la quantità – una Chiesa orientata verso l’interno o verso l’esterno».
3 La storia del cristianesimo ci insegna – diceva il Papa – che le scelte esclusive conducono sempre a una mutilazione della Chiesa. Il beato Giovanni Paolo II ci indica, dunque, una importante regola pastorale che ci mette in guardia di fronte alla tentazione di scelte esclusiviste e unilaterali, cioè quelle aut aut invece di quelle et et .

Pontificio Consiglio Laici

”Via Crucis, una Via amata dalla Chiesa”

Nell’Occidente cristiano pochi pii esercizi sono tanto amati quanto la Via Crucis. Essa rinvia con memore affetto al tratto ultimo del cammino percorso da Gesù durante la sua vita terrena: da quando egli e i suoi discepoli, « dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli ulivi » (Mc 14, 26), fino a quando il Signore fu condotto al « luogo del Golgota » (Mc 15, 26), fu crocifisso e sepolto in un sepolcro nuovo, scavato nella roccia di un giardino vicino.

Una via tracciata dallo Spirito

La vita di Gesù è cammino tracciato dallo Spirito: all’inizio della missione lo Spirito lo aveva condotto nel deserto (cf. Lc 4, 1); poi, quale divino fuoco che gli ardeva nel petto, lo sospinse verso il Calvario (cf. Lc 12, 49-50).
L’ultimo tratto del cammino è indicibilmente duro e doloroso. Gli evangelisti hanno indugiato nella descrizione, se pure sobria, della Via Crucis che il Figlio di Dio e Figlio dell’uomo percorse per il suo amore verso il Padre e verso i figli degli uomini. Ogni passo di Gesù è momento di avvicinamento all’attuazione piena del disegno salvifico: all’ora del perdono universale (cf. Lc 23, 34), della ferita del Cuore – apertura di inesauribile sorgente di grazia – (cf. Gv 19, 34), dell’immolazione del vero Agnello pasquale, al quale non è spezzato alcun osso (cf. Gv 19, 36), del dono della Madre (cf. Gv 19, 26-27) e dello Spirito (cf. Mt 27, 50). Perché ogni sofferenza di Gesù è seme di gioia futura per l’umanità, e ogni scherno è premessa di gloria. Ogni incontro di Gesù su quella via di dolore – con amici, con nemici, con indifferenti … – è occasione per un supremo insegnamento, per un ultimo sguardo, per una estrema offerta di riconciliazione e di pace.

Una via amata dalla Chiesa

La Chiesa ha conservato memoria viva delle parole e degli avvenimenti degli ultimi giorni del suo Sposo e Signore. Memoria affettuosa, se pure dolorosa del tratto che Gesù percorse dal Monte degli ulivi al Monte Calvario. La Chiesa infatti sa che in ogni episodio accaduto durante quel cammino si cela un mistero di grazia, è racchiuso un gesto di amore per lei.
La Chiesa è consapevole che nell’Eucaristia il suo Signore le ha lasciato la memoria sacramentale, oggettiva, del Corpo spezzato e del Sangue versato sulla cima del Golgota. Ma essa ama anche la memoria storica dei luoghi dove Cristo ha sofferto, le vie e le pietre bagnate dal suo sudore e dal suo sangue.

Partecipando alla Via Crucis, ogni discepolo di Gesù deve riaffermare la propria adesione al Maestro: per piangere il proprio peccato come Pietro; per aprirsi, come il Buon Ladrone, alla fede in Gesù, Messia sofferente; per restare presso la Croce di Cristo, come la Madre e il discepolo, e lì accogliere con essi la Parola che salva, il Sangue che purifica, lo Spirito che dà la vita.

fonte Santa Sede

Perchè ”Dal “like” all’“amen”?

”Siamo membra gli uni degli altri.(Ef 4,25) L’immagine del corpo e delle membra ci ricorda che l’uso del social web è complementare all’incontro in carne e ossa, che vive attraverso il corpo, il cuore, gli occhi, lo sguardo, il respiro dell’altro.
Se la rete è usata come prolungamento o come attesa di tale incontro, allora non tradisce se stessa e rimane una risorsa per la comunione.
Se una famiglia usa la rete per essere più collegata, per poi incontrarsi a tavola e guardarsi negli occhi, allora è una risorsa.
Se una comunità ecclesiale coordina la propria attività attraverso la rete, per poi celebrare l’Eucaristia insieme, allora è una risorsa.
Se la rete è occasione per avvicinarmi a storie ed esperienze di bellezza o di sofferenza fisicamente lontane da me, per pregare insieme e insieme cercare il bene nella riscoperta di ciò che ci unisce, allora è una risorsa.

Noi cristiani siamo chiamati a manifestare quella comunione che segna la nostra identità di credenti. La fede stessa, infatti, è una relazione, un incontro; e sotto la spinta dell’amore di Dio noi possiamo comunicare, accogliere e comprendere il dono dell’altro e corrispondervi.

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA 53ma GIORNATA MONDIALE
DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI